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[personal profile] hannyakoma
Prompt: Isekai

Word count: 1640
Rating: sfw
Fandom: Bungou Stray Dogs

Note: (Parte uno di due) Forse non è troppo palese, ma in questa AU Dazai è l'unico che ricorda l'esistenza di altri universi e nemmeno qui gli ho dato una gioia.
Enjoy the angst.


La luce degli schermi non era fortunatamente l'unica fonte di illuminazione nel laboratorio. Se così fosse stato, pensava Nakahara, avrebbero dovuto lavorare ad una cura per la vista oltre che sul progetto corrente. Erano rimasti i soli ricercatori a lavorare fino a quell'ora tarda, considerando che l'altro più ferrato collaboratore alla ricerca si trovava al momento in uno stato mentale alquanto instabile. 

Ryuunosuke e Chuuya avevano da lungo rinunciato ad un normale schema di riposo, ancor prima di dedicarsi al lavoro in cui erano al momento immischiati, ma tale cambiamento non sembrava pesar loro più di tanto. Entrambi erano ferrei sostenitori dell'idea che la notte portasse maggior consiglio, calma e saggezza rispetto alle caotiche giornate, trascorse a cercare di mettere insieme e far concordare le decine di cervelli dei loro colleghi. E, soprattutto, entrambi preferivano lavorare in piccoli gruppi organizzati più che in un'unità scientifica numerosa.

 

C'erano momenti di lavoro intenso, di revisione, di sperimentazione (avevano ricevuto carta bianca dal loro committente, tutti loro, per cui non v'era limite di accesso ai laboratori) ed ognuno aveva letteralmente libertà assoluta di agire secondo il proprio criterio di "correttezza" nelle procedure.

Dazai Osamu era il ricercatore che sino a quel momento si era adoperato più di tutti nei vari e diversi campi: ricerca, formulazione di ipotesi, dimostrazione e conclusioni—come uno scienziato legato al classicismo della sua carriera, ma che era al tempo stesso un visionario in grado di inventarsi i più peculiari "procedimenti alternativi". 

Era stato lui il primo nel loro gruppo ad effettuare l'iniziale ricerca sull'anima, teorizzando che sarebbe stato molto più efficace riportare al mondo e conservare lo spirito di una persona in un corpo fabbricato, piuttosto che cercare di ripristinare quello originale, in cui far tornare poi l'anima stessa. Molti lo definivano un mero “fantoccio”, ma nonostante lo scetticismo generale

Le ricerche erano ancora allo stadio primordiale quando, durante uno degli esperimenti di scienza mista ad arcanismo, Osamu era riuscito con successo a legare lo spirito di un animale ad una memoria informatica. Il suo successo aveva fatto così tanto scalpore che più di un magnate s'era offerto a lui come sponsor per le successive ricerche, a patto che i risultati delle sue scoperte non fossero condivisi se non all'interno di una ristretta cerchia di collaboratori.

Fu solamente qualche anno dopo, quando l'ennesimo esperimento su una nuova teoria di fusione diede risultati incredibili ed al tempo stesso terrificanti, che Dazai venne non solo denunciato ma persino dichiarato pubblicamente un "pericolo per la società". Cosa fosse accaduto realmente per far si che il magnate arrivasse a tale offesa non fu reso pubblico—le teorie che nacquero a riguardo erano diverse e ciascuna aveva tanti sostenitori quante erano le stelle di un cielo estivo—ma a seguito dell'incidente che fu la causa scatenante delle stesse, la ricerca a cui l'uomo aveva lavorato per anni venne gettata in pasto alla comunità scientifica.

Nonostante molte voci urlassero allo scandalo, altrettante si levarono per sostenere il progetto dell’uomo, andando contro il Vecchio Credo come un’unica volontà. I tempi erano cambiati ed il vecchio doveva lasciare spazio al nuovo, senza precludersi alcuna possibilità.

Dove un uomo si era ritirato per paura, altri avevano avanzato invece a testa alta, offrendo non solo sostegno finanziario ma anche un incoraggiamento che andava ben oltre il timore di ripercussioni portate dal precedente regime morale. Pian piano i membri più curiosi della comunità scientifica, degli arcanisti e degli studiosi di alchimia cominciarono a radunarsi, attirati dalla notizia come falene affascinate da una fiamma viva.

Era nato così il progetto a cui molti stavano dedicando non solo tempo ed energia, ma letteralmente la propria vita.

*

«Dov’è Dazai?» domandò Ryuunosuke ad un certo punto, forse stancatosi di guardarsi attorno nella speranza di vedere l'uomo sbucare dal suo solito angolo del laboratorio. Erano passati giorni dall'ultima volta che l'aveva incrociato, da prima di quell'esperimento malriuscito a detta di lui, e da allora apparentemente nessuno aveva ricevuto notizie da parte sua.

Comprensibile, umanamente parlando, ma inaccettabile in un campo come il loro.

L'altro ricercatore e scienziato rilassò le spalle, con uno sbuffo già pronto in gola. «Dove vuoi che stia? Dopo l'altro giorno si è chiuso nel suo studio privato, per mettersi a studiare altre possibilità scommetto.»

«Non è uscito da allora?»

«Non che io sappia. Probabilmente tra qualche tempo lo vedremo sbucare dal nulla e ci tartasserà di nuovo con le sue teorie su questo o quel materiale da usare, o su chissà che rituale azteco che influenza persino l'anima delle persone a parole.»

Ryuunosuke gli riservò allora uno sguardo confuso, occhi socchiusi e sopracciglia aggrottate. «Quello di cui parli è il kotodama, e non è un rituale azteco.»

Chuuya roteò gli occhi, agitando una mano come per scacciare un insetto fastidioso. Lui era più il tipo da lavorare sul lato scientifico della ricerca, sulla creazione dei fantocci usati per ospitare l'anima del richiamato—era un esperto di materiali più che di rituali, anche se le due cose (come aveva ormai imparato) si intrecciavano come i fili di un braccialetto fatto a mano.

Il rumore di tasti premuti seguì quello scambio per qualche momento, prima che ancora la voce della donna interrompesse la monotonia.

«Forse dovremmo controllare come stia... Sai, temo sia il tipo da trascurarsi in queste situazioni-»

«Senti, se tanto ci tieni a quel pazzo, perchè non te ne vai a controllare tu stesso come sta invece di appestare me di domande?» sbottò allora l'altro, infastidito indubbiamente da quelle interruzioni in sequenza, arrivando a voltarsi con tutta la sedia verso il suo interlocutore. «Hai paura che ti tiri dietro qualcosa forse? Non saresti la prima persona a diventare vittima dei suoi scatti.»

Quel genere di tono era lontano da quello a cui il più giovane era abituato, specialmente da parte del collega. Una parte di lui—quella cinica, che le ricordava di non potersi trascinare dietro "pesi morti" per la ricerca—comprendeva la sua reazione e le dava della sciocca sentimentale; l'altra invece (quella che Ryuunosuke tendeva—fortunatamente o sfortunatamente—ad ascoltare di più) attaccava nel suo piccolo quel commento insinuatore e decisamente infelice nei suoi confronti.

Uno sprazzo di coscienza parve apparire, poco dopo, nella mente dell'uomo. Gli ci volle qualche momento, tuttavia, per superare il blocco datogli dalla sua incapacità a fare un passo indietro ed ammettere di aver forse esagerato un po' troppo.

«Ryuu, fatti dare un consiglio spassionato da qualcuno che conosce Dazai meglio di te. Lascialo stare. Cercati qualcuno che possa trattarti bene, se proprio vuoi qualcuno accanto a te, non uno che potrebbe vederti solo come sostituto di qualcuno che ha perso.» commentò, la voce profonda ben più accomodante e paziente, simile al tono a cui era abituato l’altro.

«Dazai è solo...» abbozzò il più giovane, interrompendosi quando le parole rifiutarono di presentarsi e cambiando completamente basi. «Ha dei modi un po’ bruschi a volte, ma è una persona determinata e seria.»

«Non è determinazione, la sua, e se non avessi delle fette di salame sugli occhi lo capiresti. Quel tipo è completamente ossessionato—sia dalla vita che dalla morte, e soprattutto dal modo di poter prendere le redini di entrambe.»

C'era un tono quasi definitivo nella voce dell'uomo, quasi fosse stanco di parlare del modo di fare del collega. Anzi, come se fosse da molto ormai che non ne poteva più di avere a che fare con l'essere umano chiamato Dazai Osamu. 

Ryuunosuke, però, non sembrava affatto dello stesso avviso. «No... è un uomo che ha sofferto. Tutti qui abbiamo passato lo stesso.» difese lui, spostando lo sguardo a lato poco dopo aver terminato la sua frase. Chuuya puntò lo sguardo severo in quello del collega, impassibile. 

«E' vero, siamo sulla stessa barca. Ma ciò non significa che siamo tutti disposti a spingersi fino al punto a cui lui è arrivato.»

Il ricercatore  non proferì parola dopo quella risposta, forse intenta a riflettere su quello che era appena stato detto. Certo, ogni persona che lavorava al progetto di resurrezione conosceva la storia di Bradley ormai, chi perchè aveva assistito in prima persona e chi per sentito dire.

«E' quello che ci crede più di tutti, in quest'iniziativa. Ed è anche l'unico che è riuscito a far tornare la sua persona importante in vita...» mormorò lui, come fosse un pensiero che le era sfuggito dalle labbra senza che se ne accorgesse. Gli occhi chiari della donna si spostarono sul pavimento. «Però, lui...»

«Quello che è tornato in vita non è Oda.» ribattè allora Chuuya, piccato. «Non quello che conosceva lui nè quello che conoscevamo noi.»

Ryuunosuke lo spostò lo sguardo su di lui, stupito: quella era una novità per lei. «L'hai incontrato anche tu? Oda, intendo.»

L'uomo si voltò, allora, con un'espressione di sincero stupore dipinta in viso, che lasciò il giovane con una confusione se possibile ancora maggiore. Quando il silenzio si prolungò tra di loro, il giovane cominciò a sentirsi a disagio: non capiva cos'avesse di strano la sua domanda, anche a rifletterci.

«Ho detto qualcosa che non va?» domandò ad un certo punto, la voce fattasi più incerta tutto d’un colpo.

Vi fu ancora un momento di esitazione, prima che la voce dell'altro finalmente riempisse il silenzio nella stanza.

«No, non importa.» fu la replica di Chuuya, mentre con un lungo sospiro questi se ne tornava a guardare i dati degli ultimi test effettuati sullo schermo del computer. Gli ci volle un attimo prima di realizzare che Ryuunosuke era rimasto ancora imbambolato, ma non esitò a riprenderla non appena notò l'inattività dell'altra. «Su, al lavoro ora! Abbiamo già un paio di mani ed una testa in meno, se battiamo la fiacca questo progetto non si completerà mai.»

Il giovane annuì distrattamente, per nulla convinto della risposta che aveva ottenuto. Un lampo di sospetto e curiosità s'era ormai fatto strada nel suo animo, tanto forte e rumoroso nell'esigere una spiegazione che ebbe non poche difficoltà a concentrarsi sul suo compito.


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