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[personal profile] hannyakoma
Prompt: “Non è vero che l’oblio non esiste. La testa seleziona, fa archivio continuamente e molto scarta. Fa spazio, compatta. Magari non elimina del tutto ma comprime in un formato illeggibile. Anche se ti sforzi non trovi la chiave, non lo puoi decifrare più.” (Concita De Gregorio), Teatro, Ossessione
Word count: 835
Rating: sfw
Fandom: Originale

Note: //



 

Entrare a far parte del club di teatro, all’inizio, non era sembrata una gran idea. 

L’idea di passare tutte quelle ore passate su un palco, tentando di memorizzare scene e movimenti e dialoghi che serviranno sì e no una volta sola nella sua vita (lo spettacolo di fine anno, tanto famoso quanto atteso nell’istituto), era suonata più come una condanna a vita che una punizione per aver infranto il regolamento e danneggiate delle proprietà scolastiche. Onestamente, avrebbe preferito cercarsi un lavoro ed andare a ripagare i danni che aveva causato piuttosto che quello, ma i suoi genitori avevano interceduto per lui con il preside ed il corpo docenti per trovare una soluzione più... tenue.

Aveva solo problemi di rabbia, dicevano. Tentare di immedesimarsi in altri avrebbe favorito la sua empatia e, con tutta fortuna, anche la sua pazienza. 

Cazzate. Quello di cui aveva bisogno non erano lezioncine di teatro, empatia o altri trucchetti da strizzacervelli per darsi una calmata. Gli serviva solo che le persone si facessero i fatti loro, non gli facessero domande da deficienti ed abbandonassero la voglia di socializzare con lui. Di amici a scuola non ne aveva, ma nemmeno ne voleva. Stava benissimo da solo.

*

SMACK.

«CHE CAZZO DI PROBLEMA HAI?!» Aveva sbottato, istintivamente, dopo aver ricevuto quel colpo sulla testa. Voltandosi verso il colpevole, non si stupì affatto di trovarsi di fronte quel pomposo stronzo del primo attore--la stella del club, il talento della recitazione e tutti quei titoli che servivano solo ad ingigantire il suo già troppo sviluppato ego a non finire--con il copione arrotolato ancora stretto tra le mani.

Stefano. 

Non c’era dubbio che Francis lo odiasse profondamente, soprattutto dopo che questi l’aveva praticamente obbligato a “prendere ripetizioni” di teatro da lui, incastrandolo con qualche semplice parolina davanti al professore. Di tutti gli studenti facenti parte del club, Stefano era quello più ossessionato dallo stesso, tanto da trascorrere ore ed ore a provare a scuola e (sospettava lui) continuare poi il lavoro persino a casa.

A che pro, poi? Essere ammirato ed acclamato alla fine di qualche spettacolino di cui nessuno avrebbe ricordato l’esistenza? Assurdo.

«Vorrei rigirarti la domanda, ma termini così volgari non sono adatti alla mia persona.»

«Ma parla come mangi!» 

Quando l’altro sospirò e scosse il capo mestamente, portandosi una mano alla fronte con disappunto, Francis si trovò a roteare gli occhi. Dramatic bitch era un termine che, nella sua mente, bastava solamente come inizio per descrivere il compagno di club.

«Siccome temo tristemente che il tuo quoziente intellettivo non raggiunga sempre il minimo sindacale per comprendere quantomeno il linguaggio umano, suppongo di poterti mostrar riguardo nello spiegarti indubbiamente “che problema io abbia”.» 

Francis sentiva il mal di testa salirgli. Altro che controllo, in quel club la rabbia gli sarebbe passata per esaurimento!

«Non ci stai nemmeno provando, ad imparare la tua parte. In primis, il tono di voce che hai usato nella tua ultima battuta è completamente sbagliato. Dovresti esprimere confusione, non apatia. Il mio personaggio, come ben ti ho spiegato già tre volte, ha appena rivelato al tuo un passato che aveva dimenticato e così facendo nella tua mente dovrebbe esserci un turbinio di ricordi tanto forte da farti girare la testa. Dovresti mostrarti confuso quantomeno, sofferente poichè catturato in un vortice di emozioni e memorie, i primi anche contrastanti tra loro! Ed invece hai un’espressione ed una voce piatta, sospetto quanto il tuo encefalogramma.» 

Okay, quell’ultima parte sembrava un insulto.

(perchè lo era)

La già scarsa pazienza del ragazzo andò a farsi benedire a quel punto.

«Senti un po’, faccia da cazzo. Se sei così intelligente avrai ben capito che mi frega meno di niente di questo club di merda, idem con la recitazione. Sono qui solo perchè devo, non perchè voglio, quindi non farmi la tua stracazzo di paternale perchè vuoi che tutto sia perfetto.»

«Hmph. Anche se hai così poco rispetto per te stesso, non significa che tu debba mostrarne ancor meno verso altrui persona e proprietà. Non è forse per questo che ti sei trovato qui?» 

«Hah, e tu che problema hai invece? Perchè devi averne qualcuno per essere così fissato. Cos’è, recitando riesci a scappare da qualcosa che ti fa schifo della tua perfetta vita da signorino di buona famiglia?» 

Stefano non rispose, per una volta, e Francis si stupì di essere riuscito a far ammutolire il ragazzo. Soddisfatto ed un po’ gongolante, gli lanciò un’espressione compiaciuta. Eppure, nonostante quel silenzio suonasse come una conferma, qualcosa gli bloccò parzialmente la soddisfazione che gli stava esplodendo nel petto.

«La mia vita non è qualcosa che ti debba importare.» Il tono che usò per quella risposta, secca e gelida, lo fece quasi sobbalzare. Da che s’era unito al club di teatro, era probabilmente la prima volta che Francis udiva una sfumatura simile nella voce dell’altro. «Riprendiamo. Da capo, atto primo. Non ce ne andremo finchè non ci metterai un minimo di impegno.» 

Un verso strangolato emerse dalla gola di Francis a quell'ordine. 

Decisamente, lo odiava con tutto se stesso.



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