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[personal profile] hannyakoma
Prompt: Acqua

Word count: 930
Rating: sfw
Fandom:
Originale
Note:
 TW: tematiche delicate (suicidio).




C'erano una volta, Michi e Uta.

In un villaggio di pescatori, due bambini nascono quasi nello stesso periodo, a distanza di pochi giorni, da famiglie bene o male amiche tra loro. Qualcuno potrebbe pensare che fosse destino, ma vivendo praticamente insieme c'erano poche speranze che non giocassero o quantomeno crescessero l'uno in compagnia dell'altro. Diventano amici di infanzia, quindi, quasi inseparabili nel tempo libero così come nei momenti in cui i genitori cercano di insegnar loro il mestiere della famiglia: essendo lo stesso, non costa veramente nulla ad uno o all'altro padre tirar su uno o due frugoletti da portare sulla barca, almeno per prendere confidenza con l'ondeggiare costante che avrebbe fatto loro da costante compagnia.

La loro infanzia procede, bene o male, senza intoppi sotto quel punto di vista. Qualche piccolo screzio, un litigio qua e là sempre risolto scusandosi a turno, e la vita proseguiva senza intoppi.

Il loro rapporto inizia a cambiare dopo che il padre di Uta viene a mancare durante una sessione di pesca in alto mare in cui Michi e suo padre hanno partecipato. E' un incidente tragico, causato principalmente da una rete mal piazzata ed uno scoglio che sembrava più lontano di quanto non fosse. E' stato Michi ad occuparsi della rete, quel giorno, e la cosa lo uccide dentro sempre di più ogni giorno che passa.

Uta non gli rivolge la parola per giorni, settimane, mesi. Da un certo giorno, smette persino di farsi vedere in giro per il villaggio - di punto in bianco, da sera a mattina - ed i pescatori più anziani gli dicono che manca all'appello una barca dal porticciolo. Michi pensa, molto egoisticamente, che Uta l'abbia abbandonato.

Passano i mesi, forse anche un paio di anni, e all'alba di quello che crede essere il suo quindicesimo anno, Michi pensa di aver superato la parte peggiore della sua giovane vita. Elaborata, perlomeno, superata nella sua mente. C'è ancora chi lo guarda con un sentimento a metà tra la pietà ed il risentimento, ma sono pochi quelli che gli parlano direttamente della cosa - esistono, comunque, quelli che spargono malelingue e superstizioni, come quella arrivatagli alle orecchie settimane addietro: fuochi fatui, apparizioni spettrali a filo dell'acqua poco più in là della riva, ancora increspata dalle piccole onde che si abbattono sul bagnasciuga. Qualcuno dice che sia il fantasma di Yukio, il padre di Uta, o di Uta stesso, tornato per avere la sua vendetta.

Michi, pur nel senso di colpa, non ha mai creduto alle maledizioni o al sovrannaturale - non più di un discreto ed accettabile margine di superstizione - ma al sentir nominare quei due nomi subito gela. Quella notte non riesce a chiudere occhio, nè quella dopo, nè quella dopo ancora.

Quando finalmente crolla, viene accolto da un sonno tormentato.

Nel sogno che gli si apre davanti agli occhi, perchè di quello non può che trattarsi, vede se stesso in piedi sulla barca - un ricordo, dovrebbe essere, ma da un punto di vista che non comprende - ed aggrappato a quello che riconosce essere suo padre per avere stabilità. Non sente rumori oltre quello delle onde che gli schizzano d'acqua il viso, sebbene veda le bocche muoversi come per parlare. 

La scena cambia di improvviso, poi, alla notte maledetta in cui ha indirettamente causato la morte di Yukio: questa volta, non vede altro che scale di nero e grigio, e di nuovo nessuna parola spiccicata dalla bocca dell'uomo. Quello che sente, però, è lo "splash" di quando lui cade in acqua, insieme ad un sonoro "crack" che gli stringe lo stomaco e gli causa al tempo stesso una sensazione di nausea.

Ancora, appena sbatte le palpebre, un altro scenario lo attende. E' notte, e non si riconosce ancora una volta: sa di essere in piedi e che di fronte a sè c'è solamente una distesa d'acqua increspata dal vento a largo della terraferma. La luce della luna si riflette, come su uno specchio distorto, in un gioco di luci e ombre che gli permettono di avere un'idea di dove si trovi.

Poi, d'improvviso, il mondo si ribalta: vede la barca da sotto, adesso, e l'unica fonte di luce attraverso un velo tremolante, sempre più distante. Bolle d'aria risalgono dalla sua bocca verso la superficie, quasi si stessero rincorrendo per fare a chi arriva prima, finchè di aria non ce n'è più.

La visione diventa sempre più appannata, sente bruciare il petto nonostante si trovi ormai sommerso, pesante.

Quando chiude gli occhi, sente il terrore di una fine che tutti dimenticheranno.

.

.

.

Al risveglio, Michi si sente gli occhi bruciare, le guance umide e la gola che brucia, irritata. 

Gli ci vuole un attimo per ritrovarsi, non sa ancora come, sul bagnasciuga distante qualche centinaio di metri dal solito porticciolo del villaggio. Non è certo di come ci sia arrivato, così come non è certo di cosa diavolo sia successo in primissimo luogo. 

Si sente come se avesse pianto, forse. Urlato, anche, sebbene le sensazioni parevano lontane nel tempo - l'ultima volta che è accaduto, se non erra, fu la mattina in cui lui e suo padre tornarono dalla pesca senza Yukio. La notte dell'incidente.

Il ricordo gli causò una serie di spasmi allo stomaco, obbligandolo a rigurgitare sul posto i contenuti di quest'ultimo. Sentì nuove lacrime pizzicargli gli occhi, insieme alla necessità di sciacquarsi la bocca più volte. Per un attimo, però, il pensiero lo inorridì: anche da sveglio, Michi sentiva ancora l'acqua scivolargli giù per la gola, violenta e inesorabile.

Forse non si sarebbe dovuto svegliare.

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