Word count: 1102
Rating: sfw
Fandom: Originale
Note: Vent'anni passati assieme, tanti pensieri ed un character development che ancora mi commuove. Domesticity goals.
Il tempo è un concetto relativo per molti. E, nonostante ci siano ormai varianti su varianti per tenere conto del passare dello stesso, il suo scorrere viene percepito in maniera molto diversa.
Prendiamo un esmepio banale: il lavoro, o la scuola anche. Quando una persona ha un turno noioso in cui è costretta a restare seduta ad una scrivania per altre cinque ore, ininterrotte pure perchè l'ora di pausa è già volata via in un batter d'occhio. Oppure anche quando un ragazzino è lì, al suo banchetto di scuola, con i compagni che a momenti si addormentano sul posto per il tedio dato dalla lezione di storia antica, e l'unica cosa che vorrebbe fare è tornare a casa e continuare la primissima run di Elden Ring (prima che gli spoileratori infami possano rovinare l'esperienza tanto attesa).
Pochi esempi, ma lampanti. Anche se è sbagliato forse definire il tempo in sè come relativo, di sicuro il come viene percepito (che alla fine è un po' quello che conta, no?) lo è eccome.
"... Conosco quella faccia. A che stai pensando?"
Freyr, per un istante, non salta fuori dalla sua stessa pelle dallo spavento. Perso com'era nella sua mente e nelle sue riflessioni, nemmeno si era accorto di come Elias è entrato nel suo studio con due tazze di cioccolata ancora fumante.
Una rapida occhiata gli rivela che, indubbiamente, anche lui è vittima della percezione 'storta' del tempo: avrebbe giurato che, giusto due minuti fa, ancora fossero le due di pomeriggio. L'orologio segna, in questo momento, le diciassette e quindici.
Non si è nemmeno accorto.
"No, a nulla... cioè, nulla in particolare." dichiara lui, dopo qualche momento di pausa. Appena Elias lo affianca, a portata di braccio, ed ha posato entrambe le tazze in un punto raramente libero della scrivania, Freyr (ancora seduto) gli cinge la vita con le braccia, affondando il viso nella morbida lana del maglione. Anche questo è qualcosa che anni ed anni fa non si sarebbe mai sognato di fare, ancor meno il suo strofinare il viso contro il ventre altrui, affettuosamente. "E' solo che, come dire, sono passati un sacco di anni. Non pensavo che, ecco... le cose darebbero cambiate così tanto, rispetto a com'era prima."
Il 'prima' di cui i membri della famiglia non parlano è fondamentalmente lo stesso che quasi non ha finito per distruggere la famiglia stessa, dall'interno. E non parla solo di se stesso (dio, non vuole ricordare a quale punto era arrivato prima che Ravenna ricomparisse nella loro vita e cominciasse a rimediare ai danni causati da due psicopatici), ma di tutti, veramente. Per quanto, col senno di poi, ritenga che Xylia abbia tentato di fare da colonna portante a chi era rimasto e ci sia riuscita con un po' che discreo successo, non è fiero di come si è comportato in quegli anni.
Un piccolo sbuffo dal biondo, a metà tra l'affettuoso e l'esasperato, è la prima cosa che riceve in risposta. La seconda, invece, è una morbida carezza sul capo. Freyr si sente particolarmente contento di non avero optato per la solita coda, oggi.
Il tocco di Elias è diventato un qualcosa di confrortante, piacevole e soprattutto ricercato da quando entrambi hanno fatto un determinato tipo di discorso - il rosso non osa ancora chiamarlo 'confessione' ad alta voce, anche se ben sa che di quello si tratta pur che frammentata e per lo più piena di singhiozzi e pause, ma...
Il calore di quel semplice gesto, che sente così naturale ormai, rende anche l'esasperazione dell'altro la prova di un affetto (reciproco, chiaramente) divenuto la normalità nel corso degli anni.
Tra l'altro... quanto tempo è passato, effettivamente?
Da quando Elias era un ragazzino arrabbiato con il mondo, tanto da ringhiare (metaforicamente parlando, ma non troppo anche) contro chiunque gli si parasse di fronte alla minima provocazione. Da quando Freyr era ad un passo dal letterale abisso del non ritorno, la sua mente ormai diventata un luogo tanto sconosciuto quanto spaventoso che preferiva non affrontare, non rimettere in ordine perchè da solo sarebbe stato un lavoro tutt'altro che piacevole.
Non era molto, no davvero... O almeno, Freyr non ricordava l'anno preciso in cui tutto era cominciato. Forse quindici, no, vent'anni? Un lasso di tempo veramente poco trascurabile (è un quinto di secolo, un quinto!) ma con tutto quello che hanno dovuto, entrambi, rimettere in ordine nelle loro vite...
"Elias?" chiama, out of the blue, con una realizzazione che lentamente si fa strada nella sua mente. Sente le gote un poco più calde quando, in effetti, si rende conto che quello che sta per dire è veramente, ma veramente stupido a quel punto ma anche in quel momento si sente di dover dire ugualmente. L'attenzione del biondo non l'ha mai lasciato, non da quando è entrato nella stanza nè quando ha cominciato a giocare con i suoi capelli dopo quella carezza, ma dall'istante in cui pronuncia il suo nome sente, quasi fisicamente, lo sguadro altrui su di sè.
Ha quasi paura di alzare lo sguardo ed incrociare quello del suo compagno, nonostante stiano insieme da anni. Ha sempre un po' di paura di vedere il calore e l'affetto che ha imparato a riconoscere in quelle iridi verdi, meravigliose, semplicemente... non più lì. L'incertezza è sciocca, caina a quel punto, ma seppur la sua famiglia abbia fatto un lavoro più che incredibile per aiutarlo, alcune volte ancora sente quell'infame vocetta che malignamente gli sussurra che sia destinato a restare da solo.
"Fri? Ehi."
Un verso imbarazzato, un mezzo lamento ("sembri una foca morente", il ricordo di un commento di suo fratello gli arriva come una stilettata alla memoria), gli arriccia le labbra in un broncio che in realtà è un po' un sorriso super esitante a quel punto. Stupido Siegfried.
Sospira, Freyr, e si arrende al suo destino di imbarazzo eterno. Alza lo sguardo, poggiando solo il mento contro il corpo altrui. Vede l'espressione di Elias mutare da una vaga preoccupazione alla realizzazione, ed ancora un altro sospiro lascia le sue labbra.
L'ha fatto un po' preoccupare, forse. Solo un po'. L'affetto è ancora vivido e presente.
"Sono vent'anni che ci conosciamo."
"Venti, eh?"
"Già."
"Ancora non ti penti di aver accolto quel teenager incazzato in casa tua?"
Freyr ride, ride per davvero, sciogliendo per un attimo l'abbraccio così da potersi alzare in piedi, finalmente. Non è molto più alto di Elias adesso, ma quel poco basta per potergli posare comodamente un bacio sulla fronte. Ed uno sul naso, poco dopo.
"No, decisamente no."
Quei vent'anni trascorsi assieme, guarigione inclusa, sono stati i migliori della sua vita. Non si sarebbe mai pentito di quella scelta.